Cantautore, scrittore, attore di teatro… Eppure nella sua autobiografia Lei afferma che il suo vero mestiere è “Il mestiere di vivere”. Cosa significa per lei scrivere,creare, fare teatro?
“Noi abbiamo un primo, grosso problema: vivere. Tutto il resto intorno viene dopo. Vivere non è semplice, ma la gente dimentica di farlo, perdendosi in tante cose inutili. Lavoro a stretto contatto con “amatoriali” come Gigi Proietti, Oreste Lionello, Pippo Franco, Vittorio Marsiglia. Ecco, loro sono dei grandi artisti, ma ciò che li rende tali è il fatto che loro mettano al primo posto la Vita. Il loro mestiere principale è vivere, vivere l’esistenza, se stessi, il rapporto con gli altri. Il loro essere attore, scrittore, macchiettista e così via viene dopo. Lo stesso è per me, io scrivo, faccio teatro, faccio tante cose, ma per me la cosa più importante è vivere e leggere le mie cento pagine del libro che ho scelto in quel momento.”
La sua voglia, quasi foga, di vivere si può evincere anche dalla sua scrittura frenetica, quasi affannosa…
“Sì, il mio modo di scrivere mette ansia. Nella mia scrittura si può ritrovare la frenesia di Philip Roth, scrittore che io trovo straordinario. Ancora vivente, ultrasettantenne, è autore di opere come: ‘ La macchia umana’ e ‘La Pastorale americana’, in cui racconta storie con un inizio ed una fine, ma scappa da un personaggio all’altro, la sua scrittura corre e lascia allibiti. Scrivendo, inoltre, amo molto dissacrare, dissacro e metto in discussione tutto quello che ho detto poco prima…”
L’ironia è certo una costante della Sua scrittura. Cosa rappresenta per Lei?
“L’ironia fa parte dell’esistenza, è una forma alta di dissacrazione. Se non esiste, credo che mi sarei ucciso già da molto. La realtà, ciò che ci circonda, fa troppo male, allora devi esagerare e al limite, nella sofferenza, sorridere. Mi viene in mente il ‘Saggio dell’umorismo’ di Pirandello, in cui l’autore dice che esiste un confine labilissimo tra il tragico e il comico, tra il sorriso e la tragedia. Pirandello riporta l’esempio di una donna di ottant’anni,preparata come una diciottenne e che, alla sola vista suscita riso. E’ il confine labile, è la tragedia di una donna che non accetta il tempo che passa e che provoca, quindi, riso, fino a sfociare nell’ironia. Pirandello dissacra, ma ferisce, fa male e come lui anche Eduardo De Filippo.”
Dunque oggi ha ancora ragione d’esistere la satira?
In questo momento storico forse più che mai. Politicamente sto vivendo un momento di grande confusione e dico: ‘Tra Ber-lusconi e Ber-tinotti, preferisco Bevilacqua.’ Gioco molto e lo faccio anche con i giochi di parole. Nella vita serve, mai prendersi troppo sul serio!”
Due volte a Sanremo: la prima con Rino Gaetano, la seconda con “I Pandemonium”. Cosa ricorda di quell’esperienza?
“Con i ‘Pandemonium’ portai a Sanremo quello che io ho chiamato ‘Il manifesto scellerato di una generazione allo sbando’. All’epoca fui categorico, dissi: A Sanremo tutti portano canzoni d’amore, cantano ‘ti amo’,’ti voglio bene’ e così via, io canterò ‘Tu fai schifo sempre…O questo, o niente’. Ci andò bene, la canzone ebbe successo, oggi è ripresa, soprattutto dai giovani, soprattutto nei blog, in modo scherzoso.”
Parlare con Gianni Mauro mette sicuramente di buon amore, come saranno di sicuro contagiati dal buon umore i lettori di “Aiuto!Mi si è aperto il rubinetto dell’anima!” e di “Storie disordinate di straordinaria ordinarietà”.
Intervista di Eleonora Serafino tratta dal mensile "Albatros"
P.S. Gianni Mauro vi aspetta al Teatro delle Muse a Roma dal 27 dicembre 2007 al 20 gennaio 2008 con "Il Gobbo delle Nostre Dame"